Può darsi che nascere e vivere nelle Marche dia una particolare qualità alle persone sensibili. Ne abbiamo esempi celebri; ma anche chi deve misurare la propria creatività con il lavoro quotidiano e tenerla a bada mentre altre esigenze vanno rispettate, si esprime come se avesse dentro la ricchezza di un paesaggio mobile e dalle linee continuamente variate, dove la presenza umana è così forte e visibile da giustificare l'appellativo di regione-città. Questa marchigianità che è fatta di sviluppo e di produttività ma anche di riservatezza e di meditazione ha impresso il suo segno in Silvio Natali e nelle sue opere. Egli rappresenta agglomerati di case e di oggetti, colloca persone in ambiti sempre verosimili, racconta con piacere storie passate di guerrieri, ma è attentissimo al presente, al nuovo secolo millenario e alle tecnologie. Seguendo il percorso delle sue opere si trova l'universo delle sue esperienze e delle sue memorie, fresche e sincere perché trasferite nel disegno fin dall'infanzia quando una madre, che dipinge, lo incoraggia a disegnare. Ci sono ricordi antichi che sostengono la nascente ispirazione: una sua trisavola, di Ferrara, era una Barbieri della famiglia del Guercino, ricordi di grandezza e bravura che danno alimento alla voglia di dipingere. Gli studi classici, la laurea in medicina non sono elementi estranei alla ricerca pittorica: da medico attento alle persone che hanno fiducia in lui e delle quali indaga anima e corpo, conosce la loro geografia interna ed esterna. Le linee precise e accurate dei disegni a china sono il riflesso dell'osservazione minuziosa, fatta per capire e interpretare. La città in cui abita, Corridonia, è uno dei centri marchigiani più dinamici. Vi si incontrano le caratteristiche della tradizione e dell'innovazione e nel tumulto del nuovo il pittore recupera il confronto con il passato, con la gente e i luoghi conosciuti, gli studi, le letture e le emozioni visive. La città vecchia e quella che sta ampliandosi verso la pianura, l'atmosfera vagamente romantica della sala da the e il centro di ricerche spaziali, la modella distesa senza tempo e il furore aggressivo di chi guarda la partita, gli elementi domestici intorno a una donna e il patimento dei volti dei pendolari; sono immagini che attraggono per la carica di realismo dove però la fantasia fa continuamente il suo ingresso, distribuendo ottimismo e colore. È appunto il colore una delle qualità dei dipinti di Silvio Natali. L'uso che egli fa dell'acrilico è diventato sempre più sapiente e nuove misture da lui stesso create consentono variazioni di toni e di sfumature e approfondite ricerche di luminosità soprattutto quando il soggetto è più libero e alla narrazione si sostituisce la descrizione. Anche i titoli che egli dà ai quadri ne fanno parte integrante, sviluppando l'idea, che molti pittori oggi sostengono, che la parola, le parole, siano tutt'uno con la rappresentazione delle immagini, suggerendo, fornendo indizi, confondendo. Colpisce in questa assegnazione di titoli una forte voglia di evasione da luoghi troppo stretti e chiusi verso un mondo più aperto, ignoto ma attraente. È un'altra delle misure della marchigianità, che ha tormentato scrittori e poeti con il desiderio di andarsene, ma con la speranza del ritorno. L'evasione di Silvio Natali è una spinta verso il futuro. Lui stesso dice di guardare il mondo con gli occhi dell'ottimismo e di aspettarsi dalla pittura altre delizie. È inutile perciò chiedergli o cercare di ipotizzare chi sono i pittori che lo hanno ispirato e guidato; nella grande ricchezza di stili e di ricerche che ha caratterizzato l'arte del secolo passato, avanguardie e post-avanguardie del novecento, si potrebbero trovare collegamenti per ogni genere di rappresentazione poiché tutto sembra essere stato detto e previsto. Meglio perciò continuare nel percorso aperto e non conclusivo che la mostra ci indica e che rivela l'entusiasmo creativo dell'artista. La pittura non vale niente, dice Giacomo Leopardi, "se non esprime passione, se non ha per soggetto veruna passione".
Donatella Donati