Un enorme cavallo di legno, grande quanto un monte, nasconde nel
ventre uomini armati, i più forti. La folla si raduna, si accalca, credendolo un dono divino,
non sanno che tra poco tutto svanirà. Sui passi di Omero, si muove il pennello di Silvio Natali.
Come un artista d’inizio Quattrocento, annulla i piani di profondità, avvicinando spazio e tempo,
così da farci sentire dentro il quadro, parti della storia. A noi lascia la speranza di essere gli eroi
che aspettano silenziosi, ma anche l’impressione di essere uno fra i tanti.
Silvio Natali, classe ’43, vive e lavora a Corridonia, un piccolo comune delle Marche. La polarità potrebbe
definirsi il leitmotiv della sua vita. Laureato in Medicina e Chirurgia, con molta attenzione cura e opera i
suoi pazienti, ma con altrettanta passione si dedica alla pittura, seguendo vecchie strade tracciate durante l’infanzia,
quando la madre, pittrice, gli pose una matita fra le mani. La sua prima personale risale al 1997, presso la Civica
Galleria di Palazzo Massari di Ferrara. Oggi, riconosciuto e premiato dalla critica, espone in Italia e all’estero.
Alternandosi tra bisturi e pennelli, compie il suo percorso d’artista intraprendendo sentieri talvolta opposti: storia e fiaba;
massa e introspezione; interni accatastati e ampi paesaggi. Il disegno è alla base delle sue composizioni, ma il tutto è risolto
con un segno incisivo e sintetico. Il vero protagonista, però, è il colore; Natali gioca con le tonalità più varie dell’acrilico: sfumate, luminose, inusuali.
Nulla è lasciato al caso, egli crea la sua opera ponendo attenzione al minimo dettaglio, con una sorta di horror vacui, la
compone come se fosse un mosaico di segni, tutti carichi di significato. Anche il titolo è sempre simbolico, parte integrante
della rappresentazione.
La sua arte porta con sé un monito verso una realtà troppo spesso inerme e succube del moderno, dove pochi alzano lo
sguardo brillando di luce propria, perché i tanti si confondono tra la folla. Uomini e donne senza volto si accalcano tra le
poltrone di un cinema o gli spalti di uno stadio, una scalinata o la 5th Avenue, qualsiasi cosa facciano sono persone senza
nome né identità. Più rari, ma degni di nota per l’intensità, i ritratti: con pochi segni, Natali ne definisce i tratti
somatici, quel che basta per trasmetterci l’inutile attesa di Jennifer.
Vittorio Sgarbi